di Letizia Rigotto
Illustrazione di Ilaria Dominici
Quando dico che il mio matrimonio è finito in dieci minuti lo capisco da solo che sembra una sciocchezza, eppure è così. Ormai ho perso il conto di tutte le volte che i miei amici, conoscenti e parenti mi hanno riso in faccia quando raccontavo questa storia, ma, credetemi, il mio matrimonio è finito in dieci minuti di orologio a causa di una serie di modificazioni genetiche per l’autoconservazione della specie delle zanzare che sono iniziate probabilmente centinaia di anni fa, decisamente molto prima che io conoscessi mia moglie e decidessi di sposarla.
Se l’avessi saputo prima, se qualcuno, mentre ero all’altare ad alzare il velo alla mia bellissima moglie, mi avesse sussurrato all’orecchio che forse avrei dovuto considerare l’impatto dei cambiamenti climatici sul DNA delle zanzare, avrei annullato tutto e ora non mi ritroverei in questa imbarazzante situazione.
Ho passato settimane, mesi, anni, a raccontare questa storia: l’ho raccontata alle persone a me più vicine, e mi hanno riso in faccia, l’ho raccontata a quegli svitati dei gruppi di sostegno per divorziati, e mi hanno riso in faccia, poi l’ho raccontata ai giornali, alle televisioni, ad un certo punto mi sono anche rivolto alle associazioni di sensibilizzazione e beneficenza. Niente, mi hanno tutti riso in faccia.
Il punto è che non è nemmeno tanto strana come reazione. Anche io mentre raccontavo la mia storia facevo fatica a credermi e a rimanere serio, eppure, se ci sono matrimoni che vanno alla malora dopo anni e anni di discussioni e litigate, il mio, e vi prego di credermi, l’ho distrutto in dieci minuti.
Era il 23 novembre, tutto intorno a me continuava a dimostrarmi che l’inverno era in baldanzosa dirittura d’arrivo: gli alberi senza foglie, la pioggia, la temperatura, il sole che si faceva vedere per circa dieci minuti per poi decidere di levare le tende alle 4 del pomeriggio. Tutto quanto, insomma, urlava al grande gelo dell’inverno, eppure, non so perché, non so per quale congiunzione astrale, ma c’erano ancora le zanzare. Non so se avete notato ma, negli ultimi anni, sarà il riscaldamento globale, sarà le modificazioni genetiche a cui sono andate incontro – sarà la velocità dei trasporti intercontinentali che ha permesso a questi scherzi della natura di raggiungere il mio padiglione auricolare addirittura dalla fottutissima Cina, sarà quel che sarà – fatto sta che le zanzare sono dure a morire. E quindi a novembre te le ritrovi ancora in casa (faccio presente, abito in centro città, di fonte di acqua stagnante nemmeno l’ombra) e le guardi stupito, con curiosità quasi zoologica, perché, mannaggia la miseria, tu non dovevi essere andata da un pezzo?
Fatto sta che quella sera, quella del 23 novembre, dopo aver finito di lavorare sono tornato a casa da mia moglie. Tutto normale, io e mia moglie eravamo sposati da 5 anni, ancora senza figli, giovani e con lavori redditizi. Non vi sto a raccontare la nostra storia, come ci siamo conosciuti, come ci siamo messi insieme e infine sposati, non è importante, vi basti sapere che il nostro matrimonio era uno di quelli che tranquillamente e senza pretese si possono definire riusciti. Poi, e so che ancora non mi credete, in dieci minuti è andato tutto a monte.
Abbiamo cenato, abbiamo guardato un film e prima di andare a letto abbiamo fatto sesso. Tutto normale, tutto bello, mi si stavano giusto giusto chiudendo le palpebre mentre guardavo la schiena nuda di mia moglie, quando l’ho sentita, lei, che mi ronzava nell’orecchio.
Chiarisco, a me le punture di zanzara non danno fastidio. In un certo senso, le trovo anche rilassanti, le trovo una bella scusa per grattarsi. È il rumore, è quell’insistentissimo rumore che fanno intorno alle orecchie, che sembra che lo facciano apposta a svolazzare lì piuttosto che in tutto il resto dello spazio che hanno a disposizione. Il rumore, quel rumore, mi fa uscire di testa.
Il punto è che d’estate non ti puoi nemmeno lamentare: si sa che quella è la stagione delle zanzare, quindi non puoi pretendere, al mondo non ci sei solo tu, ti metti le lenzuola appena sopra l’orecchio e cerchi di passare la notte. Ma a novembre, quel 23 novembre, quella zanzara non aveva nessuna ragione naturale-biologica per trovarsi lì, ed era questo che non riuscivo a tollerare.
Ho acceso la luce (mia moglie ha un sonno molto pesante) e ho cominciato la caccia: la vedevo vicino al paralume, mi allungavo per prenderla, ma questa, chissà come, continuava a sfuggirmi. L’ho cominciata a braccare per tutta la stanza, accendendo la torcia del telefono, pensando di attirarla, ma niente, questa continuava a sparire e riapparire per ronzarmi nell’orecchio, come a volermi prendere per il culo.
Non saprei dire per quanto tempo ho cercato di ucciderla, quella zanzara, mentre mia moglie era nel letto che dormiva senza accorgersi di nulla. Forse c’ho provato solo per pochi minuti, forse per ore, forse addirittura per notti intere, fatto sta che ad un certo punto, ad un certo, preciso, funesto punto, quella zanzara ha deciso di andarsi a posare sulla guancia di mia moglie. Rimaneva lì, senza pungere né niente, accoccolata sulla candida bella guancia della mia candida bella moglie, come a guardarmi.
Ho pensato che quella fosse l’occasione, che se non l’avessi uccisa quella volta non l’avrei uccisa mai più e che avrei continuato quella eterna caccia senza mai arrivare ad una fine.
Non per giustificarmi, ma ero talmente stanco, talmente frustrato, che vi giuro che in quel momento vedevo solo la zanzara, e non la guancia di mia moglie.
Così, dopo essermi avvicinato piano per non spaventarla, ho alzato la mano e, come potete immaginare, ho assestato una bella cinquina sia alla zanzara sia, sfortunatamente, alla guancia di mia moglie.
E quella è stata la fine, perché è vero che mia moglie ha un sonno pesante, ma solo un coglione non si sveglia se gli tirano uno schiaffo (non per vantarmi, ma ben assestato), ed è vero che di mia moglie voi non sapete niente, ma una cosa ve la dico. Vi dico che, data la sua storia familiare di mamma-fedele-picchiata-dal-papà, lei, col suo bagaglio di esperienza, non tollerava il benché minimo segno di violenza, possibile o effettiva, accaduta o presunta. Me lo diceva sempre, al primo segno era pronta a fare le valigie e ad andarsene, perché col cazzo che si sottoponeva allo stesso trattamento cui si era sottoposta sua madre e ancora più col cazzo che per un contratto sociale come il matrimonio lei metteva la sua felicità al di sotto della mia.
Quindi, stavo dicendo, le tiro uno schiaffo (non a lei, ma a quella zanzara, lei era semplicemente sotto la zanzara) e quella si sveglia, spalanca gli occhi, mi guarda inorridita e comincia ad urlarmi in faccia.
E io lì a spiegarle che era stato un incidente, che non volevo colpire lei, ma che c’era una zanzara che ronzava da ore, giorni, anni, e io mi sarei dovuto svegliare presto per andare a lavoro e proprio non riuscivo a dormire.
Secondo voi mi ha creduto? Ovvio che no, mi ha detto che non era possibile che ci fosse una zanzara a casa, in centro città, il 23 di novembre. Mi ha cominciato a lanciare i soprammobili, mi ha accusato di essere un violento, mentre io col mio telefono cercavo di trovare degli articoli che testimoniassero la persistenza di quelle bestie di Satana anche nei mesi invernali, provando a schivare una volta un piatto, una volta la statuina di un putto regalataci da sua zia, un’altra il magnete da frigo della città in cui eravamo stati in viaggio di nozze.
Niente, non ce l’ho fatta a farmi credere: il culmine è stato raggiunto quando, chiedendomi dove fosse, allora, questa zanzara, mi sono messo a carponi cercando il suo minuscolo cadavere, ma niente, sembrava di nuovo sparita nel nulla. Anche da morta, quella zanzara continuava a prendermi per il culo.
Mia moglie quella sera ha fatto le valigie e se n’è andata. Da quel momento non l’ho più né vista né sentita. Non mi rispondeva né alle chiamate né ai messaggi. Penso di essere stato l’unico marito contento di andare in tribunale, perché pensavo che almeno lì l’avrei vista e le avrei potuto spiegare, dimostrare che le zanzare, per una mutazione genetica in corso da centinaia di anni, avevano sviluppato la capacità di resistere anche a temperature più fredde (oltre che passare con maggiore facilità la malaria, ma in quel momento non era importante).
Mi sono presentato in tribunale con una risma di articoli che dimostravano la mia teoria, ma niente, anche lì non si è presentata, secondo il suo avvocato per «la paura che quel mostro possa picchiarmi di nuovo».
Al bar, quando provavo a raccontare agli sguardi corrucciati dei miei amici che cosa fosse veramente successo, tutti distendevano il broncio in una grassa risata, perché la mia balla era talmente mal costruita che era addirittura comica. Quando ho provato a sensibilizzarli sull’argomento delle zanzare-mega-resistenti-al-freddo, mi hanno dato una pacca sulla spalla, consigliandomi di farmi vedere da uno psichiatra, e se ne sono andati, sempre ridacchiando.
È da quel giorno che provo a spiegare cosa è successo, ma niente, nessuno mi ha mai creduto. Anche adesso, magari, leggendola, voi vi siete fatti una risata, pensando che questa sia una balla e che io sia veramente un marito violento, ma, vi prego, credetemi. Io lo so che quando dico che il mio matrimonio è finito in dieci minuti sembra una sciocchezza, eppure è così.