di Domenico Dolcetti
Illustrazione di Lorenza Moretti
L’Indonesia è uno Stato del sud-est asiatico che se visto dal mappamondo sembra della maionese caduta dal panino di Dio. Ma data l’importanza storica dell’arcipelago è più probabile che il Signore, nel crearlo, volesse solo fare un po’ di bricolage. Infatti nel 2003 qui, più precisamente sull’isola di Flores, in una grotta facilmente raggiungibile con economiche stelle comete sono stati ritrovati resti di nani preistorici. Il paleontologo scopritore, Giuseppe Ungaretti, gran simpaticone, ha sempre scherzato molto con i colleghi sulle dimensioni degli ominidi, solo che a cinquant’anni è impazzito, ha iniziato a confondere lo scherzo con la realtà e ora vive nella grotta convinto di poter trovare i resti di Biancaneve. Ogni notte si sveglia di colpo con una voglia ancestrale di scrivere due righe sulla Prima guerra mondiale.
Molti studiosi, in riferimento al celebre romanzo di Tolkien, chiamano questi piccoli esseri hobbit. Altri, meno colti, li chiamano semplicemente sardi. I progressi in ambito tecnologico hanno permesso di ricostruire i tratti salienti di questa specie. Erano alti poco più di un metro in un tempo in cui la bassezza non era ancora una cosa fica. Basti pensare che non avevano ancora inventato Dustin Hoffman. Inoltre, sembra non avessero alcuna valvola di sfogo per i complessi di inferiorità provocati dalle loro dimensioni ridotte: qualcuno di loro provò a fare il dittatore, ma non avevano ancora inventato le minoranze. Insomma il problema non erano le idee, ma il momento sbagliato.
Questi ominidi non ebbero mai la possibilità di diventare più alti a causa del forte spirito comunitario che li legava. Infatti, siccome erano dispari, non giocavano mai a basket. Solo una volta, uno di loro, Gianluca se non sbaglio, propose di fare comunque una partita, magari avrebbero fatto a turno, ma lo accusarono di avere poca empatia senza saperne il significato. Lui invece imparò ben presto il significato delle sassate. Lo immobilizzarono e gli staccarono le rotule per non farlo scappare poi mentre stava a terra iniziarono a prenderlo a calci sul viso e a sassate alle costole con lo scopo di mantenere la comunità unita.
Sarebbero stati finalmente pari se non avessero ucciso un altro di loro. Durante la condanna, l’artista dell’isola aveva inciso sulla parete di una grotta una scena della brutale uccisione di Gianluca. Quando lo scoprirono corsero da lui e con un inquietante mix di finta gentilezza e minacce poco velate gli intimarono di cancellarlo. Stando alle ricostruzioni deve essere andata più o meno così:
«Ti dispiacerebbe cancellare quel disegno?»
«Assolutamente sì! E poi anche se volessi come farei a cancellarlo!? È disegnato sulla roccia!»
«Non lo so, ma sarebbe meglio se lo cancellassi. Si vedono quattro di noi che massacrano di botte un loro simile. È negativo per la nostra immagine. Che diranno di noi nei documentari?»
«Forse hai ragione. Io però non so veramente come sbarazzarmi di questo disegno».
«Io un modo ce lo avrei».
A questo punto, dalle tracce ritrovate sul disegno, risulta che sia stato imitato lo sfregamento delle selci per l’accensione del fuoco con l’unica differenza che al posto delle pietre c’era il volto dell’artista e la parete della grotta. Dall’indagine fatta partendo dal suo teschio potremmo ipotizzare che le sue ultime parole siano state: «Ahia! Fa’ piano che ho l’acne!»
Questo aneddoto sulla crudeltà degli ominidi, strettamente legata al loro cameratismo, trova delle connessioni con altri due aspetti della loro vita sociale: la scarsa intelligenza e la sessualità. Partendo dalla prima, possiamo dire che il cervello dell’uomo di Flores era di dimensioni particolarmente ridotte. Secondo alcuni esperti si può parlare di straordinari casi di microcefalia. Questa non mi sembra una cosa bella da dire a un ominide che viveva le sue difficoltà: già al tempo l’Indonesia non brillava in quanto a PIL. Comunque, al di là delle questioni discriminatorie, l’uomo di Flores non doveva essere molto intelligente, poiché nella grotta sopracitata sono stati ritrovati un sacco di cruciverba irrisolti e un biglietto per il Festival di Sanremo (con quali mezzi ci sarebbero arrivati resta un mistero, molti dicono «con il cuore»).
Per quanto riguarda l’uomo di Flores nel mondo della sessualità siamo davanti a un caso particolarmente curioso. Durante le sue grandi migrazioni homo erectus giunse sull’isola indonesiana ed ebbe rapporti sessuali con diversi uomini di Flores. La rabbia e la violenza che caratterizzarono gli usi e i costumi degli isolani potrebbero essere dovute alla scelta di molti di loro di tenere celate le preferenze sessuali. Gli amanti di erectus furono molti e questo clima di bigottismo generò incomprensioni e frustrazione.
Non disponiamo ancora di informazioni certe sulla loro estinzione. Tuttavia non deve essere stata causata da agenti calamitosi esterni. Recenti teorie, a tratti anche fondate, sostenute da una comunità formatasi su Facebook, affermano che gli uomini di Flores, o almeno dei loro discendenti, esistano ancora e vivano su un’isola misteriosa e assente dalle mappe dove conducono una vita molto simile a quella di milioni di anni fa. Tuttavia, potremmo incontrare un particolare cambiamento: le dimensioni del cervello sono sempre le stesse, sono ancora alla ricerca di una minoranza, però al giorno d’oggi si salutano con un cenno veramente insolito. Un braccio teso rivolto verso il cielo che non guardano mai.
Liberamente ispirato da “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene” di Roy Lewis
Domenico Dolcetti: nato a Tivoli (RM) nel 1997. Laureato in Lettere Moderne, frequento un corso magistrale in Editoria e Scrittura e consegno pinse (non pizze, pinse). Di giorno studio e di notte faccio il fattorino, sono come Batman solo che puzzo di fritto. Mi esibisco da un po’ di tempo come comico in diversi “open mic” di Roma. Questa profonda esperienza artistica nella capitale d’Italia grazie alla quale posso esplorare con la mia arte i sentimenti umani mi sta facendo comprendere che esiste un unico grande nemico che dovremmo tutti combattere senza perderci in sterili divisioni: la ZTL.La lotta per me non conosce barriere comunicative, quindi scrivo pure racconti.